Un viaggio pensato come gesto d’amicizia rischia di trasformarsi in un incubo. Non è più solo questione di costi, ma di fiducia persa. E quando la corda si spezza, chi pagherà davvero il prezzo?

Oggi voglio raccontare una brutta storia. Una di quelle che lasciano l’amaro in bocca, non tanto per il danno in sé, ma per il principio che viene calpestato. È una storia che riguarda una compagnia low cost, e purtroppo non è nemmeno così rara.
Anni fa volavo spesso. Avevo pochi soldi, ma tanta voglia di scoprire posti nuovi, e le compagnie aeree low cost mi hanno salvato più di una volta. Mi hanno permesso di viaggiare senza troppi fronzoli, con tariffe accessibili e soluzioni comode per chi sapeva adattarsi. Oggi però le cose sembrano cambiate. E parecchio.
Sarà che non riescono più a sostenere quei prezzi ridicoli, sarà che è cambiato il mercato, ma ormai viaggiare con una low cost è diventato una corsa a ostacoli. Ecco cosa mi è successo.
Volevo fare un regalo a un amico che per me è come un fratello. Mi ha dato una mano enorme nella ristrutturazione di casa, e non ha voluto un euro. Niente. Così ho pensato: meglio di un regalo materiale, c’è solo un’esperienza da condividere. Un viaggio. Magari con le famiglie al seguito, anche per coinvolgere i bambini.
Ho cercato qualcosa di semplice e bello: Valencia. Comoda, non troppo distante, perfetta anche con i figli. Ho scelto un volo Vueling da Roma, senza scali, orari decenti. Non l’ho pagato poco – tra bagagli, assicurazioni e posti prenotati si avvicina a un volo di linea – ma mi sembrava una buona soluzione. Partenza fissata per il primo novembre, con largo anticipo: sei mesi.
Due giorni dopo la prenotazione, però, la doccia fredda. Arriva una mail dalla compagnia: il volo è stato cancellato. Nessuna spiegazione concreta. E non solo: ci spostano su un volo che prevede uno scalo a Parigi, con tre ore di attesa tra un volo e l’altro. Una complicazione fastidiosa già da soli, figuriamoci con bambini piccoli.
Low-cost: si fa per dire! Quanto può durare ancora questa pantomima?
Chiedo alternative. Me ne propongono due: una partenza il giorno prima o una il giorno dopo. Ma nessuna nello stesso giorno, perché non ci sono più posti disponibili. E ovviamente nessuna compensazione. Zero.

Valuto il rimborso, per poter riprogrammare il tutto con un’altra compagnia. E qui arriva l’assurdo: non è previsto il rimborso. Il volo è solo modificabile. Quindi: loro cancellano, mi spostano su qualcosa che non avevo scelto, mi creano un danno – e nemmeno mi restituiscono i soldi.
Nel frattempo ho già prenotato l’alloggio, le attività, noleggiato l’auto. Tutto incastrato. E adesso sono appeso a una telefonata con il call center che, con una serenità imbarazzante, mi dice che anche il volo alternativo potrebbe essere cancellato in futuro. Nessuna garanzia, nessun diritto. Solo un grande punto interrogativo.
Quella che doveva essere una bella occasione per vivere un’esperienza con uno dei miei amici più cari rischia di trasformarsi in un incubo. E anche in un danno economico non da poco.
Per fortuna si tira avanti. Ma a questo punto una domanda è inevitabile: quanto può durare ancora questa pantomima delle low cost? Prezzi ormai simili ai voli di linea, qualità dei servizi sempre più bassa, rigidità crescente. Il rischio è che, a furia di tirare la corda, la corda si spezzi davvero.
E quando questo succederà, saranno le stesse compagnie low cost a rimetterci. Perché chi ha davvero bisogno di viaggiare, troverà il modo. Magari spenderà qualcosa in più. Ma se il passaparola sull’inaffidabilità diventa una macchia difficile da lavare, saranno loro – non noi – a pagare il conto.
E allora mi viene spontanea un’ultima domanda: ne vale davvero la pena? Vi siete fatti bene i conti?