Tre ingredienti “poveri” e un sapore spaziale: la pasta di mia nonna vi farà innamorare

Una padella, l’aglio che frigge e l’odore di casa che torna. C’è una pasta che non si scrive, ma si ricorda. Era di mia nonna, poi di mia madre, ora è anche un po’ mia. Ogni forchettata sa di abbracci che non passano mai

Spaghetti aglio e olio
Tre ingredienti “poveri” e un sapore spaziale: la pasta di mia nonna vi farà innamorare – gaiabb.it

Non sempre le ricette che restano nel cuore sono quelle con dieci passaggi e venti ingredienti. Anzi. A volte sono quelle nate per necessità, quando il tempo era poco, la dispensa mezza vuota e il desiderio solo uno: mettere in tavola qualcosa che profumasse di casa.

In certe sere, mia madre diceva che bastavano tre cose: aglio, olio e voglia di coccolare qualcuno. Bastava questo per tirare fuori una delle paste più buone della vita. E dietro quella semplicità, come succede spesso, si nascondeva una storia molto più lunga di quanto sembrasse.

Non era una ricetta scritta. Era un gesto che passava di mano in mano, tra madri e figli, tra nonne con le mani infarinate e ragazzini affamati di ritorno da scuola. Ogni tanto cambiava qualcosa, ma il cuore era sempre quello.

Quella che noi oggi chiamiamo “pasta olive e mandorle” in realtà aveva un nome molto meno pretenzioso. La nonna non le dava titoli, dava sapore. Prendeva una padella, ci metteva l’aglio schiacciato (mai tritato, che “perde il profumo”) e un filo d’olio buono. Poi ci aggiungeva le olive verdi avanzate dalla domenica, tagliate a occhio. A parte, in una padellina piccola, tostava un po’ di pangrattato, “che sembra poco ma fa tutto”, diceva. E aveva ragione.

A quel punto si buttava la pasta e via, tutto insieme a saltare. Il pangrattato arrivava solo alla fine, come una pioggia croccante sopra quel miscuglio saporito. Nessuno parlava nei primi tre minuti, e quello era il segno che era venuta bene.

Pasta olive e mandorle: io l’ho personalizzata così

Poi, col tempo, ci ho messo del mio. Le mandorle, ad esempio. Tostate, spezzettate a coltello, buttate dentro al posto del pangrattato per cambiare ogni tanto. Non è più la ricetta della nonna, lo so, ma resta sua nell’anima.

Olive e mandorle
Pasta olive e mandorle: io l’ho personalizzata così – gaiabb.it

Un giorno ho provato anche con la ‘nduja. Ne bastava un cucchiaino, sciolto lentamente insieme alle olive, e la pasta prendeva un altro respiro. Una versione calabrese, piccante, che non andava più tanto d’accordo con il pangrattato, e ovviamente neppure col peperoncino, se non volete prendere fuoco. Ma ogni tanto sperimentare fa parte dell’eredità.

C’è chi ci aggiunge il prezzemolo, chi una grattugiata di limone. Un colpo di genio sono le acciughe: così il sapore cambia completamente. Io, in certe serate, la rifaccio com’era. Con il pangrattato. Senza fronzoli. Così, com’era stata pensata.

La verità è che questa pasta non è una ricetta, è un ricordo. Un modo per sentirsi di nuovo in quella cucina, con l’odore d’aglio che si attacca alle tende e il cucchiaio di legno lasciato nel lavandino. È un modo per dire “sono a casa”, anche quando casa è lontana.

E ogni volta che la preparo, penso a mia madre che diceva: “Quando non sai cosa fare, fai questa. È semplice, ma nessuno se ne accorge.” Aveva ragione. E anche oggi, con tutte le ricette del mondo a portata di click, questa resta imbattibile. Perché certe cose non si imparano. Si tramandano.

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